La scuola italiana nell’era tecnologica
La scuola italiana nell’era tecnologica

La rivoluzione tecnologica presenta grandi opportunità così come anche rilevanti rischi in gran parte ancora tutti da indagare. Tra i rischi a breve è al primo posto quello della tendenza negativa delle future prospettive occupazionali con tutte le sue possibili conseguenze. Il dibattito tra ricercatori è in corso (e per il momento ancora sostanzialmente ignorato dalla politica); diverse e spesso contraddittorie sono le vedute e le proposte. Ma su una cosa sono tutti totalmente concordi: la centralità della scuola e dell’istruzione come fattore fondamentale per formare cittadini in grado di interagire al meglio nelle complesse inter-relazioni (mercato del lavoro, rapporto consapevole con la tecnologia, forme di partecipazione e cittadinanza, ecc) proprie di una società della conoscenza sempre più segnata dalla ricerca, dall’innovazione tecnologica e da un rapido e continuo divenire.

Qual’è lo stato del sistema formativo italiano?

Una prima valutazione può essere quella dell’OCSE che articola il sistema valutativo sulla base di 4 dimensioni:

  • accertamento degli esiti di apprendimento degli studenti (student assessment),

  • valutazione della performance degli insegnanti (teacher appraisal),

  • valutazione delle istituzioni scolastiche (school evaluation)

  • valutazione complessiva del sistema educativo (system evaluation).

Nel complesso l’Italia resta nelle retrovie tra i 35 paesi aderenti all’Ocse per le competenze dei 15enni in base ai test Programme for international student assessment (Pisa)-Invalsi 2015, scendendo dal 32esimo al 34esimo posto, ma la performance media nasconde forti differenze regionali. Dallo studio realizzato dall’Ocse su un totale di oltre 70 paesi (inclusi 37 partner non-Ocse), emerge che i 15enni di alcune province o regioni del nord Italia, quali Bolzano, Trento e la Lombardia hanno competenze che li collocano ai primi posti della graduatoria globale, mentre gli studenti della Campania sono nella parte bassa della classifica, vicini ad Azzorre e Argentina. Un dato che stride con i risultati della maturità che vede al Sud una diffusione di voti massimi e lodi molto più elevata che al Nord.

l’Ocse rileva che il divario di competenze scolastiche tra ragazzi e ragazze è più accentuato che altrove, con i primi più brillanti nei test matematici e scientifici, mentre le seconde sono più a loro agio nella lettura.

Gli studenti della penisola continuano poi a detenere il record delle assenze ingiustificate e sono sopra la media per le bocciature (1 ragazzo su dieci a 15 anni ne ha già alle spalle una), anche se la percentuale è in calo di 2 punti rispetto al 2009. Eppure i 15enni in Italia trascorrono più tempo sui banchi (29 ore la settimana) e nello studio (21 ore) rispetto alla media Ocse (per un totale di 50 ore per l’Italia contro le 44 della media Ocse) e soprattutto rispetto a paesi come la Finlandia (36 ore) o la Germania (36 ore) o la Svizzera (38), che raggiungono migliori risultati con un minore tempo di apprendimento.

Andando per materia, gli studenti della penisola nei test del Pisa hanno raggiunto in matematica un punteggio medio di 490 punti, in linea con la media Ocse, segnando un miglioramento di 7 punti ogni tre anni tra il 2003 e il 2015 e di 5 punti rispetto al 2012, raggiungendo una performance comparabile a Francia e Gran Bretagna. Rispetto al 2003 la percentuale di bravissimi in matematica è salita di 3,5 punti al 10,5% del totale, in linea con la media Ocse e si è ridotta di 9 punti al 23% la percentuale degli studenti con le competenze più basse. I ragazzi di Bolzano (518 punti) e Trento (516) sono ai livelli top della Svizzera, sono migliori dei coetanei canadesi e assieme agli studenti lombardi (508 punti) non sfigurano rispetto ai liceali asiatici (anche se restano a distanza dai 564 punti dei geni di Singapore). I 15enni della Campania, con 456 punti, sono più o meno a livello delle Azzorre o dell’Argentina. In generale in Italia i punteggi in matematica dei ragazzi superano quelli della ragazze di circa 20 punti, uno dei ‘gap’ maggiori dell’Ocse, stabile dal 2006.

Passando alle scienze il voto medio dei 15enni italiani nei test 2015 è stato di 481 punti contro una media Ocse di 493 e l’Italia è al 27esimo posto sui 35 paesi avanzati, su livelli analoghi a Croazia e Ungheria. La performance media è invariata rispetto al 2006 ed è stata superata dal Portogallo. Solo il 4% degli studenti italiani è un ‘top performer’ in scienze contro l’8% medio Ocse ed è una percentuale stabile da 10 anni. Anche in questo caso i ragazzi di Bolzano (515 punti), Trento (511) e Lombardia (503) superano nettamente la media nazionale, mentre gli studenti della Campania si fermano a 445 punti, 30 punti in meno rispetto alla media italiana, il che equivale a un anno di scuola. Si accresce, inoltre, nelle scienze il primato di performance dei ragazzi rispetto alle compagne di classe, con ben 17 punti di differenza nei test.

Nella lettura i liceali italiani raggiungono in media 485 punti, sotto la media Ocse che è di 493 e la penisola è 26esima tra i paesi industrializzati. La performance nella lettura è simile a quella osservata nel 2000 e nel 2009 e solo il 5,7% degli studenti è molto bravo nella comprensione di un testo, una percentuale invariata dal 2009 che si confronta con l’8,3% ocse. Non raggiunge, invece, il livello minimo di competenza ben il 21% degli studenti, dato invariato dal 2009 e simile alla media Ocse. Le ragazze hanno nella lettura una parziale rivincita, con un punteggio più alto di 16 punti rispetto ai ragazzi, ma il divario si è ridotto di ben 30 punti del 2009. Da allora, in effetti, è aumentata la percentuale delle ragazze ai livelli più bassi delle competenze, mentre è diminuita tra i ragazzi. Sono gli studenti di Trento ad avere il migliore punteggio nazionale nella lettura (512 punti), surclassando anche i liceali tedeschi e di Macao, davanti ai coetanei lombardi (505), migliori degli olandesi e degli australiani e ai ragazzi di Bolzano (503). I loro colleghi della Campania si fermano invece a 455 punti, dietro agli studenti colombiani.

Tra i dati più preoccupanti per l’Italia c’è l’aumento delle assenze ingiustificate. Circa il 55% degli studenti, cioè più di uno su due, ha riferito di avere marinato la scuola per un giorno o più nelle due settimane antecedenti i test Invalsi e il 41% ha detto di avere saltato alcune ore di lezione. Non solo si tratta di dati oltre doppio rispetto alla  media Ocse (20%), ma anche di un aumento di 7 e 6 punti rispettivamente sul 2012, che va ad incidere pesantemente nella preparazione. Gli studenti che ‘saltano’ la scuola in Italia hanno in media 31 punti in meno in scienze di quelli che la frequentano regolarmente ed è l’equivalente di un intero anno di scuola.

Infine, l’Ocse valuta la performance in termini di equità nell’istruzione e in questo caso l’Italia è migliore della media internazionale. Solo il 10% delle variazioni della performance degli studenti è attribuibile alle differenze socio-economiche contro il 13% Ocse. In media gli studenti avvantaggiati in Italia hanno un voto di 30 punti superiore in scienze contro i 38 punti Ocse. Non solo, in Italia, dopo aver considerato le differenze socio-economiche, gli studenti delle scuole pubbliche mettono a segno 40 punti in più in scienze rispetto ai coetanei che frequentano le private.

In base all’Ocse, comunque, il primato tra i paesi industrializzati per la preparazione degli studenti va al Giappone (che è anche al secondo posto mondiale), davanti a Estonia e Finlandia, Canada, Corea e Nuova Zelanda. Al top assoluto si afferma Singapore (non-Ocse) e registrano performance di eccellenza anche i ragazzi di Taiwan, Macao, Vietnam e Hong Kong.

La situazione è sostanzialmente confermata da altre analisi. Solamente un 24° posto per l’Italia nelle classifiche mondiali. A dirlo un’indagine condotta dall’Economist Intelligence Unit sui sistemi scolastici di 50 dei Paesi più sviluppati (basata su 60 indici comparativi).

Pensando al futuro, possiamo essere contenti di vedere il nostro sistema formativo, nella migliore delle ipotesi, “allineato alla media” e per di più con così grandi divari formativi? Un risultato che riassume le problematiche italiane e che ci fa riflettere sulla precarietà della situazione e l’inadeguatezza del dibattito politico in corso sui temi della formazione.

Sintesi da diverse fonti.


E le università? 
CLASSIFICA MONDIALE DELLE MIGLIORI UNIVERSITA’ 2016-2017
Fonte: QS World University Rankings

Il Massachussett Institute of Technology MIT domina la tredicesima edizione del QS World University Rankings riconfermandosi la migliore Università al mondo per il quinto anno consecutivo. L’Università di Stanford guadagna il secondo posto mentre Harvard scende al terzo e l’Università di Cambrige al quarto. Per la prima volta, dall’edizione 2004/05, le prime tre Università sono tutte statunitensi. ETH Zurich ottiene la propria posizione migliore in tutte le edizioni del ranking, piazzandosi all’ottavo posto. L’Università di Endinburgo entra tra le prime venti. Quest’anno sono state analizzate oltre 3800 Universitàe tra queste, 916 sono state incluse nella classifica. Per identificare le Università globalmente competitive, sono stati considerati diversi criteri. Questi indicatori servono a valutare aspetti dell’attività universitaria importanti per gli studenti di tutto il mondo: la quantità di risorse impiegate per l’insegnamento, qualità della ricerca prodotta, l’occupabilità dei laureati, e l’internazionalità.

Il Politecnico di Milano (183esimo) si riconferma il numero uno in Italia per il secondo anno consecutivo, guadagnando quattro posizioni. È un risultato in contro-tendenza rispetto alla maggior parte delle altre 26 Università italiane – che ad eccezione del Politecnico di Torino (305esimo, guadagna nove posizioni) e dell’Università di Modena e Reggio Emilia (690-700) o perdono terreno o restano nel gruppo 700+.

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